Processi, Problem Solving e Risk Management

Da marzo a giugno 2025 BluPeak è stata ospite di tre Live on Web organizzate da Blulink srl, con cui BluPeak condivide spesso momenti di crescita culturale. Abbiamo navigato nelle acque della trasformazione aziendale fornendo metodologie e strumenti pratici per affrontare le sfide organizzative e migliorare la gestione aziendale.

Riuniamo in questo articolo la sintesi dei 3 incontri.

A battezzare il breve ciclo è stato Stefano Setti, CEO&Founder di BluPeak Consulting, affrontando il tema della governance dei Processi per il miglioramento organizzativo: suo obiettivo è stato fornire una visione strategica del BPM, il suo valore per ottenere successo aziendale e maggiore produttività e il suo legame con la trasformazione digitale, laddove BPM sta per Business Process Management o Modelling o Measurement, ovvero l’insieme di metodologie, strumenti e tecnologie (software) per modellare, monitorare e migliorare i processi aziendali.

Inserendo nella nostra realtà il termine processo come una serie di operazioni atte a conseguire un dato fine, procedimento, metodo, stabiliamo che gli elementi del processo sono l’insieme di attività, correlate o interagenti, che riceve degli input e li converte in output con la creazione di un valore aggiunto.

Stefano ha portato la nostra attenzione sull’idea di ripetitività – di routine intesa in senso virtuoso –  e in più ha precisato che mai, nella gestione dei processi aziendali, dobbiamo trascurare la presenza delle persone e delle relazioni, ovvero l’aspetto umano – e al riguardo ci ha regalato una bellissima suggestione artistica con il dipinto del 1559 “I Proverbi fiamminghi” di Pieter Bruegel –, e così è arrivato al concetto di riproducibilità dei risultati, che permette ai Business Process di produrre valore aggiunto.

Con un efficace excursus, Stefano ha parlato di alcuni autori ed eventi che segnano passaggi significativi sui Business Process a partire dagli anni ’90, anni di fioritura e razionalizzazione di tale concetto, e con la vera svolta del 2000, quando la norma ISO 9001:2000 per la prima volta introduce un approccio basato sui processi all’interno dei sistemi di gestione della qualità (SGQ), rendendo il Business Process Management (BPM) un elemento chiave per la certificazione.

Il ciclo di vita del BPM prevede il Design (disegnare i processi esistenti e futuri), l’Esecuzione (implementare il processo, spesso con software BPM), il Monitoraggio (raccogliere dati sulle prestazioni), l’Ottimizzazione (migliorare i flussi per maggiore efficienza) e l’Automazione (digitalizzazione e RPA - Robotic Process Automation), mentre i KPI per misurare il successo del BPM sono l’efficienza operativa (per esempio il tempo medio di completamento di un processo), i costi ridotti (es.: diminuzione dei costi per errore umano), la Customer Experience (es.: tempi di risposta ai clienti), la Compliance & Governance (es.: riduzione dei rischi operativi).

La cultura del Business Process, ha precisato Stefano, è ancora estremamente viva e valida, anzi non ancora del tutto esplorata e sfruttata, ma attualmente il BPM può trarre ulteriore giovamento da una serie di nuove tecnologie e amplificazioni.  

Nella seconda Live on Web è intervenuto Andrea Calisti, Business Transformation Expert del Team BluPeak, parlando di strategie e strumenti di Problem Solving per evitare soluzioni improvvisate.

Ogni giorno ci troviamo ad affrontare problemi, ma cosa significa davvero risolverli? E come farlo senza improvvisare, appunto, costruendo soluzioni efficaci e durature?

Un problema nasce quando qualcosa interrompe il normale funzionamento di un processo: un disallineamento tra la situazione attuale e quella desiderata, un’incognita. Per superare l’ostacolo serve metodo ed entra in gioco il Problem Solving, ovvero la capacità di analizzare criticità e generare soluzioni sostenibili e replicabili.

Il percorso ideale? Seguire uno schema strutturato, come quello delle 8 discipline (8D):

  1. Costruire un team interdisciplinare

  2. Descrivere chiaramente il problema

  3. Applicare azioni di contenimento

  4. Analizzare le cause radice

  5. Definire e attuare azioni correttive

  6. Verificarne l’efficacia

  7. Standardizzare le soluzioni

  8. Estendere il know-how e valorizzare le lesson learned

Attenzione però a due insidie comuni: la fretta nel trovare una risposta, che porta spesso a soluzioni fragili, e la resistenza al cambiamento, che può bloccare la comprensione profonda del problema.

A supporto, strumenti come il Diagramma di Ishikawa o la tecnica dei 5 perché, utili per mappare e leggere in profondità le cause.

Anche l’Intelligenza Artificiale può contribuire: “mantenendone sempre il governo”, ci ha consigliato Andrea, può raccogliere dati, velocizzare l’analisi e facilitare la visualizzazione delle informazioni.

Infine, ogni problema risolto lascia una traccia preziosa: le lesson learned sono il patrimonio aziendale che ci aiuta a non ripetere gli stessi errori e a costruire una vera cultura del miglioramento continuo (Kaizen).
Perché – come ha ricordato Andrea – una soluzione efficace non basta: «Bisogna tutelarsi dalla sindrome del pesce rosso, cioè il non avere sufficiente memoria di ciò che si è fatto in passato.» 

Durante il suo intervento, l’ultimo del ciclo, Silvia Martellos, Business Transformation Expert di BluPeak Consulting, ha evidenziato l'importanza del risk-based thinking nel quadro attuale, sempre più segnato da volatilità, incertezza, complessità e ambiguità (VUCA).

Tale approccio non si limita alla gestione dei rischi per adempiere a obblighi normativi, ma rappresenta un cambio di mentalità: riconoscere nel rischio anche un’opportunità di miglioramento e innovazione. È quindi fondamentale integrarlo nella strategia complessiva dell’organizzazione, attraverso processi sistematici e strutturati.

Silvia ha inoltre sottolineato la rilevanza di una governance chiara, di un linguaggio condiviso e della comprensione della propensione e tolleranza al rischio dell'organizzazione e degli stakeholder chiave, affinché la gestione sia efficace e allineata al contesto.

Ha poi approfondito il tema dell’identificazione e analisi dei rischi, evidenziando l’utilità di strumenti operativi per valutare impatti e probabilità, e l’importanza di definire indicatori di rischio, piani di risposta.

Un punto centrale, ci ha ricordato Silvia, è l'attuazione proattiva delle strategie di gestione del rischio, con un aggiornamento continuo in base all’evoluzione del contesto e grazie al coinvolgimento attivo di tutti gli stakeholder.

Nell’ambito della trasformazione aziendale, il pensiero basato sul rischio si conferma ancor più centrale: le business transformation, difatti, sono iniziative strategiche e, per questo, maggiormente esposte al rischio. Per favorire il successo delle iniziative di business transformation, dobbiamo gestire in modo proattivo minacce e opportunità con rigore e costanza.

In conclusione, Silvia ha ribadito come un approccio maturo e consapevole al rischio possa diventare un vantaggio competitivo e contribuire in modo determinante al successo dell’organizzazione.

Immagine di copertina di Ylanite Koppens - Pexels

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