project management

DUE STAGISTI IN BLUPEAK

Dal 19 marzo fino a metà giugno 2024, per un monte complessivo di 400 ore, Federico Corsini e Mattia Zini sono ‘ospiti’ di BluPeak per un tirocinio

Si tratta di due giovani del corso ‘Gestione digitale d’impresa’ dell’ITS Maker - Istituto Superiore di Meccanica, Meccatronica, Motoristica e Packaging dell’Emilia Romagna, durante il quale hanno affrontato con i docenti di BluPeak i moduli di Problem Solving, di tecniche di Project Management e gestione della commessa, e di Metodologia FMEA.

Sono entrambi estremamente vivaci e capaci, ciascuno con le proprie peculiarità: Mattia si definisce «una persona intellettualmente curiosa», con una grande passione per teatro e letteratura, cosa che gli ha permesso di sviluppare doti di empatia, nonché una notevole immaginazione; Federico, coinvolto in svariate attività di volontariato, ama il cinema, l’escursionismo e lo sci alpino.

Abbiamo stimolato in loro una serie di considerazioni per capire l’approccio di menti giovani all’universo del Project Management e del Problem Solving.

Naturalmente partiamo proprio dall’idea che Federico e Mattia avevano del ‘progetto’ prima di iniziare a esplorare il mondo del Project Management.

Mattia Zini

«Prima di approcciare al Project Management pensavo al progetto come una ‘nuova idea’», dice Mattia, «sviluppata da una o più persone nel processo di creazione di un prodotto o di un servizio nuovo, o anche nell’aggiornamento di uno esistente. Poi ho scoperto anche prospettive differenti: il progetto visto come un viaggio esplorativo ed educativo, e il suo significato etimologico, nonché l’uso di ogni singola parola impiegata all’interno di un progetto. Il termine stesso di progetto, nella sua accezione semantica, indica ‘gettare in avanti’; questo mi fa immaginare una startup di giovani, dove la nuova idea concepita viene metaforicamente lanciata sul mercato designato, insieme ai calcoli e agli eventuali prototipi, con lo scopo di soddisfare un bisogno del mercato, trasformando così la nuova ispirazione in qualcosa di concretamente vivo.»

Federico Corsini

Per Federico, invece, l’idea di progetto che aveva inizialmente era forse più intuitiva, «legata all’utilizzo comune del termine nei diversi contesti ordinari, come per esempio: ‘Quali sono i tuoi progetti per il futuro?’ o ‘Quali sono i progetti per l’estate?’. In entrambe le circostanze, si tratta principalmente di un’idea o di un proposito più o meno definito per raggiungere uno scopo prefissato. Questa concezione è legata al significato di “progetto” che ho appreso dopo l’esplorazione dei metodi di Project Management, anche se con qualche differenza: in un progetto ben strutturato, infatti, nulla dev’essere lasciato al caso. Per garantirne il successo, oltre a un’attenta pianificazione, è necessario definire il budget, il team, lo scopo da raggiungere e i limiti temporali.

L’etimologia del termine progetto, dal latino: [pro] avanti e [jacere] gettare, ci rimanda al significato di qualcosa che viene gettato davanti. A mio parere sottolinea l’importanza di una visione a lungo termine proiettata verso il futuro, che sprona a guardare avanti. I progetti, difatti, richiedono una precisa pianificazione e un attento studio delle implicazioni sia presenti che future.»

Ma come immaginano, ciascuno dei due, la fase iniziale della carriera di un giovane Project Manager?

Federico parla subito di «una sfida affascinante, ma al contempo impegnativa e complessa, ostacolata, ai primi passi, dalla gestione dell’ambiguità e dell’incertezza, soprattutto in contesti dove i progetti sono influenzati da molteplici variabili e cambiamenti improvvisi.» Ben ricordando quanto appreso, cita l’acronimo VUCA, che definisce il mondo d’oggi: Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity. Per stressare la mutabilità e l’incertezza, «un approccio più aggiornato del VUCA è stato presentato da Jamais Cascio: l'orizzonte BANI (Ndr: altro acronimo che sta per Brittle, Anxious, Nonlinear, Incomprehensible). Questo richiede una capacità di adattamento rapido e una notevole flessibilità mentale.

Un altro fattore importante è la necessità di possedere una vasta gamma di conoscenze e competenze. Secondo il Talent Triangle del PMI (Project Management Institute), un PM di successo deve essere esperto in tre dimensioni fondamentali: competenze tecniche di Project Management, leadership efficace e una visione strategica e di business. Integrare e bilanciare tali competenze può essere una sfida all’inizio della carriera, specialmente quando si affrontano situazioni complesse e diverse. Per concludere, queste competenze sono affinabili attraverso l’esperienza, quindi è importante per i giovani Project Manager impegnarsi nell’apprendimento continuo e nello sviluppo professionale. Be adaptive. Be agile in learning

Secondo il parere di Mattia, invece, le principali difficoltà che un giovane PM può incontrare all’inizio della carriera «includono innanzitutto la disciplina nell’uso delle parole: attribuire il significato, l’intenzione e il referente corretti. Ho idea che il pericolo maggiore per un giovane è quello di usare inconsciamente parole con il significato e l’intenzione giusti, ma sbagliando il referente, o viceversa. Di conseguenza, è importante anche saper formulare domande e fornire risposte corrette ed efficaci. Risulta fondamentale avere un proprio senso critico, ovvero saper riconoscere le differenze e ricavare informazioni utili, attribuendo il loro valore nell’ambito del progetto. Gli ambiti di business più favorevoli all’introduzione di questa disciplina, inoltre, sono a mio parere i settori tecnici e del software, dove si possono applicare metodi agili e interazioni rapide. Al contrario, gli ambiti in cui si riscontra maggiore difficoltà sono i settori della pubblicità e del marketing, che richiedono un alto grado di flessibilità e adattabilità.»

Foto di Gerd Altmann - Pixabay

Il lavoro in team è condizione imprescindibile per i progetti; vediamo come Mattia e Federico sono stati colpiti dalle dinamiche alla base del funzionamento degli individui in una squadra che deve raggiungere un obiettivo comune.

A Mattia piace fare un paragone molto ad hoc: «Ciò che mi colpisce è che c’è una somiglianza con la base del gioco di squadra come nel rugby: il capitano della squadra svolge un ruolo simile a quello del Project Manager. Supervisiona l’azione sul campo, prende decisioni tattiche e motiva i giocatori durante il gioco. Assicura che la strategia di gioco sia seguita e adattata in base alle circostanze, garantendo che tutti i componenti siano coinvolti e che l’obiettivo di segnare punti sia sempre presente. In sostanza, il capitano del rugby è il leader sul campo di gioco, che guida il suo team verso la vittoria attraverso coordinazione, comunicazione e leadership, appunto.»

Federico dà valore alla «comunicazione efficace e alla collaborazione tra i membri del team. In un contesto di progetto, è essenziale che ogni membro comprenda chiaramente il proprio ruolo e le proprie responsabilità, ma allo stesso tempo che sia in grado di lavorare in armonia con gli altri per raggiungere gli obiettivi comuni. Ho notato, però, che anche la diversità all’interno del team può essere una notevole risorsa da sfruttare. Ogni componente porta con sé un insieme unico di competenze, esperienze e prospettive, che possono arricchire il processo decisionale e portare a soluzioni più innovative. Infine, mi ha colpito l’importanza di avere un leader efficace all’interno del team. Un leader in grado di ispirare fiducia, guidare il team attraverso le sfide e mantenere alta la motivazione, infatti, può fare la differenza tra il successo e il fallimento di un progetto. I leader più efficaci sono quelli che dimostrano empatia, comunicano chiaramente le aspettative e sono in grado di adattarsi alle mutevoli esigenze del team e del progetto.»

Sempre sul tema del Project Management, scopriamo quali pensano possano essere i fattori che in un’organizzazione ne rendono più difficile l’introduzione.

«Sono molteplici», afferma Federico, aggiungendo subito che «la resistenza al cambiamento rappresenta uno dei principali ostacoli: i membri del team o gli stakeholder possono esitare nel modificare i processi esistenti, considerandoli ancora validi; tale resistenza può derivare dalla mancanza di comprensione dei benefici della gestione dei progetti. Inoltre, la paura di adottare nuove metodologie e processi può ostacolare l’implementazione delle pratiche di Project Management. È quindi essenziale comunicare in modo chiaro i vantaggi delle pratiche di Project Management e fornire una formazione adeguata a superare queste sfide.»

E Mattia: «Ciò che rende più difficile l’introduzione di pratiche di Project Management in un’organizzazione è l’ignoranza o la paura nei confronti di metodi organizzativi e modi di lavorare innovativi. Ignoranza e paura che, di conseguenza, rendono le persone restie ad adottare un approccio proattivo.»

Foto di Pete Linforth - Pixabay

Spostandoci poi sul Problem Solving, e partendo sempre dall’analisi etimologica, grazie alla quale scopriamo una somiglianza tra le parole ‘problema’ e ‘progetto’, proviamo a stimolare in Federico e Mattia le loro considerazioni a riguardo.

Mattia, grazie alle informazioni trovate ed elaborate, ci dice che «l’etimologia delle parole “problema” e “progetto” ci offre un’interessante connessione. Entrambe derivano dal greco antico e la loro origine comune può aiutarci a comprendere meglio il concetto di Problem Solving e come esso sia collegato al processo di progettazione. La parola “problema”, dal greco “próblēma” che significa “qualcosa posto davanti” o “impedimento”, indica una situazione o una questione che richiede una soluzione o una risposta. Immaginiamo di dover attraversare un fiume, ma c’è un grande masso nel mezzo. Il masso è il nostro “problema” da risolvere: come superarlo? Come raggiungere l’altra sponda?

La parola “progetto” ha una radice simile. Deriva dal greco “pro-ienai”, che significa “andare avanti” o “avanzare”. Un progetto è un piano o un insieme di azioni organizzate per raggiungere un obiettivo specifico.

Tornando all’esempio del fiume, il “progetto” potrebbe essere la costruzione di un ponte per superare il masso, cosa che richiede pianificazione, risorse e azioni coordinate.

Il Problem Solving quindi è il processo di risoluzione di un problema. Coinvolge l’analisi, la pianificazione e l’attuazione di soluzioni, ovvero una pro-azione. Quando affrontiamo un problema, dobbiamo progettare una strategia per superarlo. Questo è il collegamento tra le due parole: il Problem Solving rappresenta la costruzione del ponte tra il problema e la soluzione, utilizzando il processo di progettazione per guidarci.»

«I due termini, progetto e problema», per Federico, «riportano al concetto di cambiamento e opportunità in una prospettiva volta verso il futuro. Questo collegamento viene anche evidenziato da Juran nella definizione della parola ‘progetto’, descrivendola come un problema destinato a essere risolto (A project is a problem scheduled for solution). Tale concezione sottolinea una correlazione molto stretta, quasi intrinseca, tra le due parole: risolvere un problema, infatti, è spesso il punto di partenza da cui avviare un progetto, cioè trasformare una situazione di insoddisfazione in un miglioramento. La trasformazione da problema a progetto è quindi il mezzo che ci permette di raggiungere nuove opportunità ed evoluzioni.

Le due parole sono anche accomunate dall’iter necessario per risolvere un problema e realizzare un progetto, che è molto simile. Infatti, in entrambi i casi, sono richieste abilità di problem solving, pianificazione e adattabilità per procedere al meglio e trovare le soluzioni più adeguate al contesto in cui ci troviamo.»

Poiché l’iter di soluzione di un problema deve sempre partire dall’ammissione di avere un problema, e dalla sua descrizione condivisa, proviamo a capire insieme ai ragazzi quali sono per loro le fasi più importanti dell’impostazione iniziale della soluzione di un problema, da cui dipende il successo di ciascuno dei passi successivi, e che ruolo possono avere le parole e il linguaggio.

«I passaggi fondamentali per impostare la risoluzione di un problema», afferma Federico, «partono dal quantificare l’impatto del problema nella circostanza in cui ci troviamo (il costo finanziario, l’effetto sulla produttività, l’effetto sulla soddisfazione del cliente, ecc.). Successivamente, è fondamentale fornire una descrizione chiara e precisa del problema, includendo dove e quando si verifica, chi o cosa ne è influenzato, e qualsiasi altro dettaglio rilevante. Dopo aver definito il problema, il passo ulteriore è identificare la causa alla radice, che può richiedere un’analisi approfondita e l’uso di strumenti come il diagramma di Ishikawa o l’analisi delle 5 W (Who, What, When, Where, Why) per comprendere il motivo per cui il problema si è manifestato. In tutte le fasi di risoluzione di un problema, le parole e il linguaggio giocano un ruolo cruciale: un linguaggio chiaro e preciso può aiutare a definire il problema in modo efficace, comunicare le proprie idee agli altri, formulare ipotesi e presentare soluzioni. Infine, un buon uso del linguaggio può facilitare la collaborazione e la condivisione di idee, che sono la chiave per la risoluzione dei problemi.»

Per Mattia, in base a quanto recepito dai suoi studi, «le fasi chiave per impostare con successo la soluzione di un problema sono l’identificazione del problema, l’analisi approfondita e la definizione degli obiettivi. Il primo step è come fare una mappa del tesoro: devi sapere esattamente qual è il problema, lo metti a fuoco e, se necessario, condividi con le persone con cui lavori. Nella fase successiva si scava più a fondo per capire la causa del problema, e in tal caso il sistema delle 5 W è molto usato e utile. La definizione degli obiettivi è come tracciare la rotta su una mappa. Dove vuoi arrivare? Che cosa vuoi ottenere risolvendo questo problema? Impostare obiettivi chiari aiuta a mantenere la direzione. Di conseguenza credo che il linguaggio e le parole sono come il filo conduttore che tiene insieme tutte queste fasi. Usare un linguaggio chiaro e condiviso aiuta a comunicare il problema in modo comprensibile a tutti i membri del team. Le parole possono anche essere strumenti potenti per ispirare e motivare le persone durante il processo di risoluzione del problema, aiutandole a restare focalizzate e impegnate nel raggiungimento degli obiettivi prefissati. Inoltre, un buon uso del linguaggio può facilitare la collaborazione e lo scambio di idee tra i membri del team, portando a soluzioni più innovative e efficaci.»

Foto di tookapic - Pixabay

E nell’iter di soluzione di un problema, che peso ha il team? Se la letteratura ci ha regalato geni investigativi come Poirot, Maigret, la Signora in giallo, Sherlock Holmes, tutti ‘solitari’ o che al massimo si avvalgono con distacco e superiorità di qualche gregario, con un ruolo sussidiario e spesso finalizzato a far brillare ancor più la loro intelligenza superiore, non deducete che sarebbe meglio lavorare da soli, allora?

La risposta di Federico è che «lavorare in team offre diversi vantaggi nell’affrontare problemi complessi. Innanzitutto la presenza di molteplici prospettive permette di individuare il problema e trovare soluzioni più adatte al caso. Inoltre, un team consente di valutare i rischi e le opportunità in modo più completo, fornendo un quadro generale maggiormente dettagliato. Rispetto ai grandi detective solitari della letteratura, anche se dotati di talento e intuito straordinari, un team offre una gamma più ampia di risorse e competenze, agevolando l’identificazione, l’analisi e la risoluzione dei problemi in modo più efficiente.»

L’opinione di Mattia è che «lavorare in team è importante perché ogni membro può portare le proprie esperienze e conoscenze utili a trovare una soluzione al problema. Anche i grandi investigatori non riuscirebbero a trovare la soluzione da soli, ma hanno necessariamente bisogno della collaborazione di altre persone per raccogliere informazioni utili per ‘risolvere il caso’.»

Fra le più importanti metodologie del Problem Solving – almeno tra quelle che si muovono in modo convergente verso la soluzione – c’è la metodologia 8D, così chiamata perché assorbe 8 discipline, appunto. Come nei progetti, solo uno sguardo ampio e multidisciplinare può essere davvero efficace per ottenere la soluzione efficace. Verifichiamo quali ambiti del sapere umano e organizzativo sono, per Mattia e per Federico, coinvolti nella soluzione del problema, dove metodi tecnici e di misura sono combinati con i fattori emotivi e psicologici.

Senza dubbio, per Mattia «la gestione del team, quindi includere persone con competenze differenti e un leader che possa guidare il processo, è il primo ambito del sapere umano e organizzativo coinvolto nella soluzione di un problema con la metodologia 8D. Poi c’è l’analisi dei dati tecnici e di misura per identificare e analizzare il problema; i processi organizzativi dove si cerca di ottimizzare dei processi aziendali per prevenire eventuali problemi; infine, eseguire standard di qualità e saper attuare audit interni sono fondamentali per il controllo e il miglioramento continuo.»

Affinché si arrivi alla soluzione di un problema, Federico ritiene che serva la combinazione di diversi ambiti del sapere umano e organizzativo. «Questi includono l’ingegno e la creatività per generare nuove idee, le competenze tecniche e professionali per analizzare e vagliare le possibili soluzioni, e il talento nel coordinare e gestire le risorse disponibili. Inoltre, si adottano metodi e modelli che guidano il processo decisionale e consentono una valutazione razionale delle opzioni disponibili. Tale approccio, definito multidisciplinare, include anche fattori emotivi e psicologici, in quanto la comprensione delle motivazioni, delle preferenze e delle dinamiche interpersonali influisce notevolmente sull’efficacia delle soluzioni proposte e sulla loro accettazione da parte dei soggetti interessati. L’obiettivo finale è quindi sviluppare una strategia completa che bilanci le esigenze pratiche con le valutazioni umane e organizzative, per affrontare il problema in modo completo e soddisfacente.»

 

Complimenti, ragazzi, e in bocca al lupo!





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La certificazione PMP® e il suo valore

I pensieri e i consigli di due docenti

Silvia Martellos


Proponiamo di seguito alcune riflessioni sulla rilevanza della certificazione PMP® (Project Management Professional) del PMI (Project Management Institute).




Dalia Vodice


Lo facciamo grazie al contributo delle docenti Dalia Vodice e Silvia Martellos, professioniste del progetto e della formazione che vantano una lunga esperienza di preparazione alla certificazione PMP®, in collaborazione con BluPeak Consulting e all’interno dei programmi della BluPeak Project Academy.



Il valore della professione del Project Manager

Il progetto è una parte fondamentale della cultura organizzativa di ogni realtà: cultura della trasformazione e della produzione di valore. Il progetto rappresenta un modello di lavoro sempre più cruciale in qualsiasi organizzazione, non più relegato a supporto delle operation, ma motore diretto di crescita del business dell’azienda, nel mondo della Project Economy. Per questo, investire nelle competenze di project management significa dotarsi di strumenti versatili e potenti, richiesti in ogni contesto.

Il valore aggiunto della certificazione PMP® per il professionista e sul mercato

Si tratta di un grande valore, se pensiamo soprattutto che si tratta di una certificazione che non si è bloccata agli strumenti del passato, ma ha saputo aggiornarsi costantemente. E che inoltre integra tutti gli approcci (predittivo, incrementale, iterativo, agile, ibrido) predisponendo al tailoring e alla leadership, alla gestione delle risorse, alla comunicazione, al risk e al change management.

Pur non essendo l’unica certificazione, e pur esistendo nel mondo altre organizzazioni professionali di project management, con altri tipi di certificazioni, la PMP® del PMI rimane a nostro avviso la più richiesta, la più nota, e quindi di maggior peso se rilevata all’interno di un curriculum.

Prepararsi a tale traguardo significa costruirsi una grande opportunità per sistematizzare la conoscenza relativa al progetto. Il corpo di conoscenze è vasto e contiene le best practice distillate dalla comunità internazionale dei Project Manager; questo comporta per il candidato la cosiddetta sospensione del giudizio: non lasciarsi troppo influenzare dalle proprie pratiche passate, seppur efficaci, e aprirsi a un universo più ampio.

I principali cambiamenti culturali in seno al PMI, più decisivi per la comunità dei Project Manager

Tra i cambiamenti degni di nota, sicuramente l’ampliamento della visuale: i diversi approcci, il tailoring, una maggior sinergia con le discipline del Change Management e della Business Analysis, e un’attenzione più alta alla cultura della progettualità e alla costruzione di un galateo comportamentale del Project Manager. Tutti elementi, questi, presenti all’interno della nuova impostazione dell’esame PMP®.

Consigli a chi sta pensando di lanciarsi nella sfida…

I corsi interaziendali rappresentano un’occasione preziosa di confronto con settori, organizzazioni e pratiche diverse dalle proprie, oltre che un’opportunità di networking.

Ogni aspetto teorico viene reso vivo dalla condivisione di aneddoti e di esperienze professionali differenziate. Poiché l’impegno richiesto è notevole – va detto con chiarezza –,  quando si decide, è importante mettersi nella condizione di poter studiare con regolarità durante l’intero percorso e mirare a sostenere l’esame a stretto giro, per ottimizzare il valore della conoscenza acquisita.

Vince la costanza, il fatto di riuscire a fare un pezzettino ogni giorno; ed è importante trovare all’esterno dei sostenitori che aiutino a mantenere la continuità e a non perdersi d’animo. Ma non vogliamo spaventare: si tratta di un esame fattibile e di grande soddisfazione!

È un’esperienza che noi di BluPeak paragoniamo alla Montagna Blu, richiamata nel nostro logo… Usiamo quest’espressione come metafora di un cammino in ascesa, da compiere insieme, con aiuto vicendevole e complicità nei momenti di difficoltà, ma vòlti alla medesima meta, la cima, raggiunta la quale si torna a valle con un inevitabile quanto significativo cambiamento.

  

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PMP®-PREP 2024 - Spring Edition

PMP®-PREP 2024 Spring Edition
BluPeak Project Academy

Percorso di accompagnamento
alla preparazione per l’esame della credenziale
PMP® (Project Management Professional)
del Project Management Institute

Un percorso completo di accompagnamento all’esame per il conseguimento della credenziale PMP® del Project Management Institute, con lezioni ed esercitazioni, che fanno riferimento allo standard PMBOK Guide® – Project Management Body of Knowledge, al PMP® Examination Content Outline for January 2021 Exam Update. Il percorso prevede, oltre alle lezioni e alle esercitazioni, un efficace tutoraggio per stimolare lo studio, sciogliere dubbi e risolvere aspetti pratici.


A CHI È DESTINATO?

Il percorso PMP® è destinato a diplomati o laureati con forte interesse al project management e con ampia e comprovata esperienza professionale (60 mesi di gestione di progetto negli ultimi 8 anni se diplomati, 36 mesi di gestione di progetto negli ultimi 8 anni se in possesso di laurea almeno quadriennale).

COME SI SVOLGE IL PERCORSO

Con un gruppo limitato di partecipanti per 40 ore complessive di lezione e ulteriori 10 ore di approfondimenti ed esercitazioni.

Il corso si tiene in italiano con l’uso dell’inglese per la terminologia specifica e per le esercitazioni; per lo svolgimento dell’esame è fortemente suggerita la lingua inglese.

Viene fornito ai corsisti il supporto per la compilazione dell’application online per richiedere al PMI l’accesso all’esame.


Contenuti del percorso

Il programma contestualizza il metodo e lo approfondisce secondo:

✔il codice etico; il framework; i ruoli e le responsabilità;

✔i tre domini: People, Processes, Business Environment;

✔l’approccio tradizionale, l’approccio agile e quello ibrido;

✔i cinque gruppi di processi: Initiating, Planning, Executing, Monitoring&Controlling, Closing;

✔le dieci aree di conoscenza: Integration, Scope, Schedule, Cost, Quality, Resource, Communications, Risk, Procurement, Stakeholder.

 

ISCRIZIONI

Per l’iscrizione, inviate una mail a info@blupeak.it indicando nome, cognome, azienda, formula prescelta, recapito mail e telefono. Sarete ricontattati.

Presentazione percorso e regole di ingaggio per i partecipanti:

martedì 2 aprile ore 14:00-14:45


QUANDO?

Corso PMP®-Prep - 2024 Spring Edition

  • martedì 9/4  dalle 14 alle 19

  • mercoledì 17/4   dalle 14 alle 19

  • martedì 23/4  dalle 14 alle 19

  • martedì 30/4  dalle 14 alle 19

  • martedì 7/5  dalle 14 alle 19

  • martedì 14/5  dalle 14 alle 19

  • martedì 21/5  dalle 14 alle 19

  • martedì 28/5  dalle 14 alle 19

  • lunedì 3/6   dalle 14 alle 16

  • giovedì 6/6   dalle 14 alle 16

  • lunedì 10/6  dalle 14 alle 16

  • mercoledì 13/6  dalle 14 alle 16

  • lunedì 17/6  dalle 14 alle 16

Le sessioni si terranno tutte su piattaforma online; la prima parte si articola in sessioni da 5 ore in cui vengono trattati i temi teorici in una modalità fortemente interattiva, anche con domande d’esame, mentre le sessioni da 2 ore saranno dedicate a esercitazioni e simulazioni d’esame.

COSTI

Quota di partecipazione individuale:  € 2.290,00 + IVA

Quota per il 2° partecipante stessa azienda:  € 2.060,00 + IVA

Quota per 3° e successivi partecipanti stessa azienda:  € 1.980,00 + IVA


Early bird € 1.980,00 + IVA: per iscrizioni entro sabato 23/03/2024


Stefano Setti – PMP®, PMI-PBA®, PMI-RMP®

Dalia Vodice – PMP®, PMI-ACP®

Silvia Martellos – PMP®


INFO

Per ulteriori info contattare info@blupeak.it oppure il numero +39 389 66 07 467

Modifiche alle misure di sicurezza dell'esame PMP® annunciate dal PMI


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Sistemi di Gestione e Certificazioni

Attuare le trasformazioni aziendali in modo regolamentato grazie ai Sistemi di Gestione e alle Certificazioni

Sono circa 2,4 milioni nel mondo, di cui 141 mila in Italia, le certificazioni dei Sistemi di Gestione di organizzazioni pubbliche e private. Sistemi di Gestione e Certificazioni secondo i requisiti di standard riconosciuti a livello internazionale sono strumenti in grado di sostenere la crescita e la trasformazione delle aziende.

È notizia di questi giorni (fonte: Accredia - 1° dicembre 2023, ndr) che, secondo la survey periodica pubblicata dall’ISO (l’organizzazione internazionale che dal 1947 raggruppa diversi paesi ed emette norme tecniche internazionali in un vasto ambito di settori della società e dell’economia), l’Italia è il primo paese in Europa e il secondo nel mondo per il numero delle certificazioni dei sistemi di gestione (in particolare per la Qualità, l’Ambiente, la Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro).

I Sistemi di Gestione sono un complesso di regole e procedure che vengono emesse e applicate in forma volontaria dalle imprese sulla base dei requisiti delle norme ISO di riferimento. Essi rappresentano uno strumento che consente di regolamentare e monitorare efficacemente i processi aziendali, valutando i rischi, le opportunità e le prestazioni delle diverse attività svolte. La certificazione dei Sistemi da parte di organismi indipendenti consente inoltre alle aziende di avere una valutazione periodica sulla validità delle regole applicate e di perseguire il continuo miglioramento delle stesse.

Dagli anni ’90 del secolo scorso, quando hanno iniziato ad apparire le prime certificazioni di Qualità secondo i requisiti della norma ISO 9001, sono cresciuti sia il numero dei certificati sia i settori di applicazione dei Sistemi di Gestione. In particolare, nell’ultimo periodo, l’attenzione delle imprese agli aspetti legati alla sostenibilità e alle sue declinazioni riassunte nell’acronimo ESG (Environmental, Social, Governance) ha indotto le aziende a implementare Sistemi di Gestione Ambientale certificati secondo la norma ISO 14001 e Sistemi di Gestione della Salute e Sicurezza certificati secondo la norma ISO 45001, gestendo le politiche di acquisto in base alla linea guida ISO 20400 sugli acquisti sostenibili.

Altro ambito nel quale le certificazioni stanno prendendo sempre maggiore rilevanza è quello dei Sistemi di Gestione dell’Energia secondo i requisiti della norma ISO 50001 e della prevenzione della corruzione secondo la norma ISO 37001. Un settore nel quale l’Italia è tra i paesi che hanno voluto dotarsi di una specifica regolamentazione è poi quello della parità di genere, attraverso la prassi di riferimento UNI PdR 125 che regolamenta questi aspetti nelle organizzazioni.

In tutti i Sistemi di Gestione che abbiamo citato, come nelle norme ISO alle quali essi fanno riferimento, viene data particolare enfasi agli stakeholder (tutti i soggetti attivamente coinvolti in un’iniziativa, il cui interesse è negativamente o positivamente influenzato dal risultato di quest’ultima e la cui azione o reazione a sua volta influenza l’iniziativa stessa), all’approccio per processi (insiemi di attività che recepiscono elementi in input e producono output determinati), all’analisi dei rischi (risk based thinking) e al problem solving attuato applicando metodologie collegate al Ciclo di Deming P-D-C-A (Plan, Do, Check e Act, metodo che consente un approccio strutturato all’analisi e alla soluzione dei problemi).

Si tratta di buone pratiche che si ritrovano nel project management e che possono essere applicate anche nell’affrontare un progetto di trasformazione aziendale. Inoltre, dotare l’azienda di un complesso di regole strutturate e di strumenti operativi definiti, condivisi e applicati ai diversi livelli dell’organizzazione (ciascuno per il proprio ruolo e le proprie responsabilità), consente di avere in qualsiasi momento la percezione e il controllo dell’andamento dell’impresa e di poterlo adeguare con tempestività e garanzia di risultato ai cambiamenti che si intendono apportare per rendere l’organizzazione più efficiente ed efficace nell’approccio alle sfide del mercato.

Andrea Calisti

Business Transformation Expert del Team BluPeak

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